- Alpinista, Guida Alpina, Ingegnere e Papà: come conciliare tutto?
- Come si diventa Guida Alpina
- Il pericolo sta nella comfort zone
- La scalata più memorabile
- Anche la passione va allenata
- Non vedo l’ora che sia domani
Alpinista, Guida Alpina, ingegnere e papà: come conciliare tutto?
Posso riassumere tutto in due parole: passione ed entusiasmo
E indipendentemente da cosa debba fare, cerco di farlo al meglio: questo è il mio motto. La passione me l’ha trasmessa mio padre con cui ho iniziato a scalare quando ero un ragazzino e da lì non mi sono più fermato.
Ci sono tre aspetti che hanno influenzato profondamente la mia vita e che mi hanno portato a diventare una Guida Alpina:
1– La montagna, con l’intramontabile desiderio di avventura, di scoprire spazi che sembrano infiniti e, perché no, di provare l’adrenalina scalando pareti vertiginose;
2 – La famiglia. In falesia ho conosciuto mia moglie Claudia; condividere questo stile di vita con lei, ed ora anche con nostra figlia, mi permette di vivere appieno la mia passione per la montagna;
3 – Il lavoro. Lavoravo come ingegnere per una ditta del settore oil & gas e passavo molto del mio tempo in trasferta. Per quanto il lavoro mi piacesse, non riuscivo a conciliarlo con la mia passione per la montagna e il mio concetto di famiglia. Così, senza avere nulla in mano, ho rassegnato le dimissioni e ho iniziato un corso per diventare Guida Alpina. Allo stesso tempo, ho cominciato a lavorare come ingegnere freelance. È stata una scelta personale molto difficile, ma oggi sono felice di aver trovato il giusto equilibrio tra la passione per la montagna, la famiglia e gli impegni professionali.
Come si diventa Guida Alpina
Per diventare Guida Alpina bisogna avere innanzitutto una conoscenza molto approfondita della montagna e delle discipline fondamentali che si possono praticare, ovvero roccia, sci, ghiaccio e misto.
Dopo aver inviato un curriculum al polo formativo di riferimento ed essere stati selezionati, si devono superare delle prove attitudinali. Dopo aver superato anche queste, inizia un corso che dura 5 anni, in cui gli istruttori ti insegnano a prenderti cura e a garantire la sicurezza delle persone che accompagnerai in montagna.
C’è una grande differenza tra andare in cordata con un amico con cui condividi tutte le decisioni ed essere solo tu a decidere ed essere responsabile della sicurezza di una o più persone. È una professione che richiede quindi un grande senso di responsabilità e fermezza.
Il pericolo sta nella comfort zone
Quando si è nella propria zona di comfort si rischia, a volte, di sottovalutare i pericoli. Con gli anni e l’esperienza sento meno la paura che provavo nelle prime grandi salite. Era una paura positiva che, in fondo, mi aiutava ad affrontare le diverse situazioni di pericolo che mi si presentavano davanti. Per controllare la paura bisogna tenere alto il livello di concentrazione, per essere sempre sul “pezzo”.
Per me le situazioni più pericolose si verificano quando si affrontano la neve ed il ghiaccio. Per quanto tu sia un esperto, c’è sempre una componente di rischio che non si può controllare. Forse è anche per questo che, come alpinista, preferisco le salite su roccia che sulle grandi pareti con neve e ghiaccio.
La scalata più memorabile
Non potrò mai dimenticare la salita del Fitz Roy in Patagonia per la via Afanassieff con Claudia, mia moglie. Una via lunghissima, con 2300m di sviluppo e 2 bivacchi in parete. Un’esperienza di coppia memorabile.
Ogni viaggio mi lascia dei ricordi indelebili, ma le Dolomiti e la Patagonia restano comunque tra le mie destinazioni preferite. Con Claudia cerchiamo sempre di sognare nuove mete, ci poniamo degli obiettivi ambiziosi e facciamo di tutto per realizzarli.
Anche la passione va allenata
Chi da adolescente ha fatto uno sport a livello agonistico, sa che per raggiungere i propri obiettivi ci vogliono costanza, pianificazione e perseveranza.
In montagna è la stessa cosa, anche se la componente mentale ed il fatto di porsi degli obiettivi contano molto di più che in altre discipline.
A volte per liberare una via ci vogliono mesi di preparazione per studiare i passaggi ed i movimenti da compiere.
Anche se si invecchia, la motivazione è sempre quella di 20 anni fa, quando ho iniziato a scalare con mio padre.
Non vedo l’ora che sia domani
Negli ultimi anni sono cambiate così tante cose che aspetto con impazienza i prossimi dieci. Il bello dell’alpinismo è che non ha età: invecchiando sicuramente le capacità fisiche diminuiscono, ma cresce contemporaneamente l’esperienza che sopperisce a tali mancanze. L’importante è divertirsi, essere curiosi e stare all’aria aperta.